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- W2003783889 abstract "Un trovatore di meno, un componimento di più Saverio Guida Uno dei punti fermi del dibattito che negli ultimi decenni si è sviluppato sulle mete e sulle metodologie della critica del testo sta nel concorde riconoscimento dell'opportunità, anzi della necessità, di sottoporre a disamina senza aprioristiche, preconcette, opinioni qualsiasi lezione pervenuta, verificandone passo passo il valore indipendentemente dal numero e dal grado generale e abituale di affidabilità dei testimoni che la tramandano. Messo da canto il deleterio, paradossale e spesso frainteso, principio, d'ascendenza lachmanniana, del recensere sine interpretatione, si è sempre più avvertita l'esigenza o quanto meno l'importanza dell'intellegere, del razionalizzare le varie deposizioni, del procedere ad un'examinatio minuziosa, dell'intendere la lettera in ogni particolare e sfumatura, prestando un'attenzione speciale e costante non solo alle categorie mentali, ai referenti teorici, ai modi di comunicare dell'autore studiato ma pure agli schemi comportamentali, alle procedure esecutive, alle tecniche scrittorie, al sistema psicologico, educativo, culturale, alle inclinazioni interventiste o conservative dei copisti. È merito soprattutto di L. Canfora aver mostrato (15-24) come alla base di ciascun componimento letterario e della sua tradizione ci sia un continuo atto di recupero, riappropriazione, riscrittura, (re)interpretazione, (ri)costruzione, come gli amanuensi siano (per un'epoca quale quella medievale in cui nessun testo era reputato fisso e monomorfico e i trasmettitori erano visti alla stregua di collaboratori dei produttori) da considerare i veri artefici delle opere superstiti, passate prima attraverso il filtro e il vaglio della loro testa e poi veicolate più o meno diligentemente dalla loro mano, e aver con lucidità e consequenzialità denunziato l'obbligo di fare i conti con i gusti, le reazioni, le trasgressioni di lettori-scribi, utenti-menanti non di rado prede di impulsi incontrollati e stravaganti. Costituisce ormai convinzione imprescindibile che non si possa essere filologi senza una buona dose di erudizione e di [End Page 1] puntigliosa pedanteria (Balduino, 2), senza fare storia dei concepimenti artistico-letterari, delle vicende testuali e allo stesso tempo extratestuali, senza percorrere a ritroso in tutte le sue tappe la tradizione, individuare gli scarti, discernere e sceverare il dato primordiale dalle superfetazioni, le corruzioni, le distorsioni, le manipolazioni che ne hanno alterato il genuino articolarsi. Dopo i commendevoli esempi di applicazione ecdotico-ermeneutica del secondo Novecento sembra acquisita la consapevolezza dell'utilità di interiorizzare l'opera che si vuole editare, di comprenderne tutti gli aspetti e ravvisare il maggior numero di stazioni e di tralicci su cui poggia il suo processo di trasmissione-ricezione, di studiare assieme al testo il pre-testo, il co-testo, il con-testo, il post-testo, anelli strettamente collegati della catena comunicativa ed essenziali non solo all'attingimento del messaggio originario ma pure all'elaborazione di un calibrato discorso di taglio storico-culturale. L'esperienza insegna che purtroppo nel lavoro di copiatura le lezioni primigenie tendono a modificarsi, a corrompersi, che i fraintendimenti, le perturbazioni, le deformazioni del blocco segnico sopravvenienti fortuitamente per cause disparate (le più comuni sono l'insipienza e la distrazione) risultano fenomeni assai frequenti nel corso dell'impresa trascrittoria, che le alterazioni ancestrali e quelle nuove si moltiplicano nella filiera delle riproduzioni, che l'antigrafo subisce quasi sempre violenze di varia entità che si traducono in anomalie ed errori a volte non trasparenti e di difficile accertamento, che in genere l'atteggiamento degli amanuensi si rileva tutt'altro che passivo e dà luogo a mutazioni e innovazioni più o meno radicali e creative, anche per il diffuso convincimento che il modello emana da operatori ritenuti fallaci ed esposti agli incidenti e ai trabocchetti connessi all'attività di lettura e scrittura. Tendenzialmente, quanto più il copista è sveglio e dotato di cervello, tanto più è portato ad entrare nel testo e a diventare replicatore attivo, a rifiutarsi di scrivere qualcosa che gli torna poco comprensibile o che gli sembra non dare in un determinato punto un senso soddisfacente e stimando di possedere le capacità sufficienti ad aggiustare, migliorare, perfezionare la deposizione che si trova davanti interviene produttivamente nel testo, sostituendo ad una lezione inattesa ciò che gli appare più appropriato [End Page 2] e procedendo a ipercorrettismi punto necessari e senz'altro forvianti per l'editore odierno. Aveva ragione G. Pasquali ad..." @default.
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